Close-Up

La pioggia è una buona conversatrice, ma ha scarsa capacità di dialogo.

Un anziano viandante si perde in un bosco ombroso. Si allontana da un mondo che è un po’ come la pioggia: un sommesso ticchettio di preoccupazioni, voci, storie che chiedono ascolto, incapaci di restituirne una sia pur piccola parte. Lui, invece, ha bisogno di quel silenzio che lo faccia tempio, di quella distanza che lo renda prossimo, di quello sguardo che sia prima di tutto preghiera. E per questo vaga nel bosco, in cerca, dice, di un paesino sperduto come lui tra sentieri di freddo e di neve.

Poi incontra due personaggi, un uomo e una donna, e il loro incontro dà orecchie anche alla pioggia. Ne nasce un racconto perduto nel mito. Nel paesino che non riescono a raggiungere facendosi strada tra freddo e neve, c’era un tempo una vecchia usanza. L’uomo che voleva corteggiare una donna raccoglieva un ramo d’albero, vi cuciva sopra la stoffa del suo nome e lo lasciava davanti alla casa dell’amata. Ogni casa aveva almeno una donna ed ogni donna almeno un paio di pretendenti. Sicché, in breve tempo, anche i giardini più coperti di neve, fiorivano di legno e di stoffa che vibrava di desiderio al primo soffio di vento. La ragazza corteggiata, uscita nel giardino di casa, non doveva far altro che scegliere da terra il ramo con l’insegna del suo amore ed era l’incontro. Tra tutti gli uomini del paesino ve ne fu uno, però, che lasciò al suolo ben mille rami senza che la sua bella mai potesse raccoglierne uno. La differenza di classe mise il veto ad un amore rendendolo impossibile. E il loro rimpianto per una storia d’amore che si consuma ormai solo tra le nuvole, di tanto in tanto si fa fantasma che attraversa il bosco con ansia di racconto per lacrime di pioggia. Marco De Angelis e Antonio Di Trapani realizzano Voci di rugiada all’interno dei Laboratori dell’Università di Roma 3. Partono da un sistema produttivo italiano, ma guardano al Giappone del Teatro Nō dal quale traggono non solo liberamente la storia del loro corto, ma anche gli attori, le atmosfere, le magie di un modo di raccontare tutto orientale. La loro è un’operazione di mimesis complessa e stimolante. Ha tutte le caratteristiche del saggio manierista che non stona né col contesto universitario che vede nascere la loro avventura, né con l’anima sperimentale di un genere, come il corto, sempre a caccia di sfide estetiche. Funziona sia come saggio di diploma che come corto d’autore anche se, a tutta prima, magari non voleva essere, e non era, nessuna delle due cose. Il tono sommesso della narrazione, l’attenzione ai silenzi che non sfioriscono mai, la propensione al ritmo dilatato di una visione che si prende sempre i suoi tempi sono gli elementi di rilievo dell’operazione che pare tanto più riuscita quanto più riesce a far propri i limiti della breve durata. Voci di rugiada è un intenso viaggio pittorico in cui quel che più brilla è la capacità dei registi e dell’ottima fotografia di fare di ogni inquadratura un quadro che flirta col ricordo di qualche tavola di Hiroshige. Un piacere dello sguardo e, quindi, per converso una tomba per gli occhi per una realtà, come quella giapponese che sa bene che veder fiorire un bocciolo è anche vederlo, al tempo stesso, sfiorire.

Tweeting: Splendido corto pittorico intessuto di pause e silenzi, gesti e ricordi di inesausta suggestione.

Where to: È un Extra del DVD di Tarda estate edito da Derive Approdi.

Alessandro Izzi

16/10/2012

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