Rumore

Tarda estate

Già “Facce nuove” del nostro mensile, Marco De Angelis e Antonio Di Trapani non deludono. Attesi al varco da quanti hanno amato il loro precedente lavoro, il sospeso e onirico Voci di rugiada, i due non solo confermano tutto ciò che di buono si poteva intuire sul loro conto, ma rilanciano con questo nuovissimo e struggente Tarda estate. Realizzato con un budget microscopico a cavallo fra l’Italia e il Giappone (produce l’instancabile Gianluca Arcopinto), il film è una sensuale incursione nei territori più misteriosi di malinconie minimali e seduzioni silenziose che si estendono oltre la Via Lattea. Muovendo da un’ancestrale leggenda di un amore punito dagli dei, il film segue il peregrinare mentale e fisico di un giornalista nipponico che vive a Roma ma che torna in patria per realizzare un’inchiesta. Costeggiando lo spleen di Antonioni e la grazia del venerando Ozu, De Angelis e Di Trapani non solo evitano il rischio della calligrafia, ma danno corpo compiutamente a un universo filmico e sentimentale originale che riesce a iniettare sangue e passione anche nelle più eleganti soluzioni formali. Il mal di vivere in Tarda estate (titolo magnifico…) è accennato pudicamente, accerchiato com’è da una bellezza renitente alla resa e che da sola ti spinge ad andare avanti. Costruito con una meticolosità e passione artigiana degna solo dei grandissimi maestri portoghesi e nipponici, Tarda estate è rigoglioso di inventiva; asciutto ed essenziale come un haiku, cattura lo sguardo e il cuore in virtù delle sue straordinarie inquadrature, della mobilità discreta del punto di vista, di un montaggio liquido e invisibile e di una tela di suoni che avvolgono i sensi dello spettatore. Cinema dell’erranza del cuore, esempio impeccabile di nomadismo dello delle sguardo, Tarda estate è un film prezioso e urgente. La grazia e la tenerezza fatte cinema.

Giona A. Nazzaro

10/2010